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Overground n°4 e una visione di Torino.
Il magazine sulla creatività di IED Torino, Undesign e Hannibal Store.

Overground è un magazine di cultura visiva contemporanea, lifestyle e musica, uscito da pochi giorni con il suo quarto numero. Overground è realizzato dagli studenti del terzo anno della scuola di arti visive di  IED Torino, in collaborazione con Hannibal store, sotto la direzione editoriale e creativa di Michele Bortolami&Tommaso Delmastro (Undesign). Overground, per contenuti e visione, è anche molto vicino alla ricerca che caratterizza Italianism, per cui approfondiamo volentieri l’argomento dando il giusto spazio a varie considerazioni. Il che si traduce anche nell’occasione per parlare ampiamente con Tommaso&Michele della loro città, della sua modalità creativa e anche dell’ allure culturale che è in grado di trasmettere negli anni recenti. Che, per primi, abbiamo apprezzato nel corso delle due edizioni dei Torino Graphic Days.

Con una tiratura di 3000 copie e distribuito in tutta Italia attraverso circa 300 location, il progetto nasce a Torino e racconta come la città si trovi, in molti modi, al crocevia tra idee in transito, rivestendo un ruolo fondamentale di laboratorio  nazionale di idee e talenti.

Quali sono le caratteristiche alla base del magazine? In primo luogo mettere assieme la cultura disciplinare e la spinta all’innovazione di una scuola; poi, la conoscenza delle sottoculture giovanili e l’attenzione allo stile e ai nuovi trend di Hannibal Store (riferimento per la cultura street a Torino e in Italia); infine,  l’esperienza nei campi della comunicazione e nell’editoria di Undesign, agenzia di visual design con un approccio internazionale.

Grazie a tutti questi attori, dal 2016 ha preso vita un magazine capace di assorbire e portare in superficie i valori di un modo contemporaneo di abitare e vivere la città. Torino, in questo senso, diventa un luogo di sperimentazione.

“Overground racconta da sempre gli interpreti contemporanei della cultura visiva, pirati capaci di intervenire in modo creativo riassemblando gli insegnamenti disciplinari per adattarli alle esigenze dell’oggi. Persone in grado di scendere in profondità nella conoscenza di diverse discipline, e allo stesso tempo di muoversi tra di esse in maniera trasversale, ibridandole” ci spiegano Michele e Tommaso di Undesign, iniziando la nostra conversazione.

Approfondiamo altri punti di interesse del progetto: in primo luogo la leva della distribuzione.

“La distribuzione si basa sull’idea di costruire una rete diversa rispetto a quelle tradizionali, capace di intercettare un pubblico di stakeholder interessati e in linea con il target del magazine. Da un lato, la partnership tra IED Torino e Hannibal Store garantisce la distribuzione nell’ambito del network della scuola e in tutti gli store italiani legati al circuito, che sono più di 200.

Dall’altro lato, invece, stiamo lavorando ad un implementazione di “Overground hot spot” legati alla cultura alternativa come locali, librerie, bookshop museali e gallerie d’arte.

La periodicità della rivista è semestrale ed è legata a due momenti molto importanti per Torino: il Salone del Libro a maggio e la settimana delle Arti Contemporanee (Artissima, Operae, Flashback) con il Festival Club to Club, a novembre. In occasione dei due eventi internazionali viene attivata anche una distribuzione capillare nelle principali location durante i giorni delle kermesse”.

Un altro punto importante è quello del ruolo culturale (e creativo) di Torino rispetto alla vicinanza di Milano.

“La distanza che separa due città come Torino e Milano, così diverse eppure così complementari, è la stessa che si impiega per attraversare Londra da un capo all’altro. Tre quarti d’ora di treno sono meno del tempo che serve in auto per raggiungere in orario di punta il centro di una delle due città dalla prima cintura. Siamo convinti che continuare a vedere una contrapposizione sia inutile. Ci sono molte opportunità che ciascuna città può offrire, proprio grazie ad una diversità che rende Torino particolarmente adatta alla sperimentazione, e Milano allo sviluppo anche internazionale dei progetti”.

Ma anche di come considerare l’influenza estera, considerandola una propria vocazione:

“Lo scambio con l’estero rappresenta un elemento imprescindibile al giorno d’oggi. Ma è necessario fare molta attenzione alla modalità. Voler essere internazionali a tutti i costi, operando un percorso di assimilazione a quello che dovrebbe essere una sorta di nuovo “international style”, frutto di un gioco di specchi in cui il rischio della perdita di identità è solo il più ovvio dei pericoli che si corrono. Essere internazionali diventa un paravento dietro al quale nascondere la propria ignoranza (nel senso di ignorare) e la scarsa consapevolezza di chi si è rispetto alla propria storia, in relazione con il mondo e con il futuro. Si confonde la causa con l’effetto: se si fanno cose eccezionali, sviluppate in una maniera estremamente personale, magari utilizzando come propulsore la cultura di un luogo, allora si potrà ambire a suscitare interesse anche altrove. Diventare internazionali come conseguenza dell’eccellenza, e non il contrario”.

Sulla comunità creativa torinese:

“Parlare della comunità creativa è un po’ come definire il popolo di internet: una semplificazione tanto necessaria quanto, a volte, astratta. Oggi la realtà è di fatto molto frammentata, ed è più difficile, rispetto al passato, coagulare differenti intenti attraverso un lavoro di associazionismo corporativo. La modalità di interazione è differente, sicuramente meno politica e programmatica, ma non per questo assente. Si collabora molto, attraverso una riconfigurazione costante del gruppo che, a seconda dell’obiettivo, muta la propria geometria per raggiungere obiettivi a volte molto pratici, come fare un festival o realizzare una rivista”.

 

Molto da dire anche sulla formazione che la città offre:

“Il rinnovamento e la capacità di leggere la complessità del momento ci hanno personalmente guidati verso un grande rinnovamento della scuola di arti visive di Ied Torino. I corsi di Graphic design, illustrazione e fotografia fanno parte di un nuovo ambizioso programma didattico, unico nel suo genere in quanto a trasversalità dei contenuti, capace di catalizzare talenti della scena creativa italiana riuniti dall’idea che sia possibile costruire una scuola nuova, profondamente ancorata ai valori dell’oggi e capace di guardare al futuro con una sensibilità contemporanea. Leggere il mondo, proporre strumenti adeguati, formare le figure professionali adatte all’oggi e immaginare quelle di domani.

E quale sarà il ruolo di un progettista per i prossimi anni?

“Crediamo che la risposta consista nel superamento della divisione analogico vs digitale, nella rottura degli argini che tradizionalmente hanno compartimentato le discipline, nell’approccio al progetto capace di utilizzare la cultura come leva per lo sviluppo economico. Crediamo in una nuova figura professionale crossmediale, capace di progettare rendendo le superfici profonde di significato, che siano pagine di un libro o schermi touch. Crediamo in una nuova figura professionale transdisciplinare, capace di mischiare la tecnica di stampa a caratteri mobili con la programmazione e il codice. Crediamo in una nuova figura professionale, capace di farsi strada con successo in un mondo che è già cambiato. E che cambierà ancora.

Abbiamo già lasciato intendere con quanto detto prima che il designer del futuro sarà una sorta di pirata, capace di intervenire in modo creativo riassemblando gli insegnamenti disciplinari per adattarli alle esigenze della contemporaneità. Sarà un pirata poliglotta, in grado di sviluppare ogni progetto ragionando in base a un doppio registro: paper and screen, offline e online, analogico e digitale”

L’ultima domanda è quella che un fan e appassionato desidera ricevere da sempre e contemporaneamente teme: qual è il vostro magazine preferito?

Michele e Tommaso rispondono senza esitazioni: “Siamo cresciuti con The Face, i-D, Wallpaper. Abbiamo amato Colors, abbiamo ammirato Monocle, ci siamo entusiasmati per IL, con cui abbiamo anche collaborato. Ma se dobbiamo citarne uno, e solo uno, allora il nostro preferito probabilmente è EROS, del 1962. Solo quattro numeri nati dal genio di Ralph Ginzburg e Herb Lubalin (che oltre a fare l’art direction ne disegnò testata e caratteri tipografici), che furono in grado di rivoluzionare non solo il modo di fare design, ma anche il modo di approcciare alla vita, all’amore, al sesso e alla cultura. Una vera rivoluzione. E non è poco”.

Nel quarto numero di Overgroud potrete trovare: Mustafa Sabbath, Pietro Sedda, Piergiorgio Robino, Mario Cresci, Mauro Bubbico, Franco Pagetti, Bruna Biamino, Philip Giordano, Elisa Seitzinger, Fabio Oggero, Luca Vergano, Manuele Amprino.